domenica 30 dicembre 2012

L'eredità del cinema di Parenti

Fra venti - trent'anni, il cinepanettone potrebbe essere visto come testimonianza culturale dell'Italia del nuovo Millennio. I Maya non ci hanno salvato dall'eredità del cinema di Vanzina e di Neri Parenti. Che se perde colpi al botteghino, gli autori non guardano al di là del suo proprio naso e dicono, "Siamo rovinati dalla pirateria". E non dai film stessi. O dai sedici euro che devo spendere per un dvd in uscita.
 
Non importa a nessuno se questa è la prima volta che non vado al cinema nel periodo natalizio - una buona volta, poi, che nelle sale ci sono film interessanti da vedere - complice però un certo boicottaggio personale nei confronti di un certo cinema italiano, non i film di per sé, ma gli uomini del nostro cinema. E con uno indicato nel titolo me la prendo proprio sul personale come spettatore e poi appassionato, specie dopo aver letto una sua intervista dove fa la gattina che ha preso un calcio nel culo e fa gli occhioni al giornalista che ascolta annoiato. Neri Parenti sapete chi è, regista di tutti i Fantozzi tranne i primi due diretti da Luciano Salce e l'ultimo da Domenico Saverni, poi di alcuni film "all stars" (I pompieri, Scuola di Ladri), di una trilogia dimenticabile (Le comiche), di almeno un paio di buoni film con Paolo Villaggio (Ho vinto la lotteria di capodanno) e, dal 1995, regista dei cinepanettoni, sta formula di ammucchiata prima con una serie di volti noti (Nino D'Angelo, Diego Abatantuono, Boldi e De Sica, Enzo Salvi) e poi c'entrata su Boldi & De Sica affiancati dai terribili Fichi d'India e dalla bellona di turno. Quando Boldi scazza con De Sica (2005), Parenti continua con De Sica chiamando come spalla il bravo Massimo Ghini. Parenti ha diretto insomma molti successi al botteghino, troppo facilmente giudicati come film mediocri dalla critica - è innegabile che una risata, anche grassa, scappi, qualche volta - ma indubbiamente di una volgarità allucinante. Certo, Parenti ha ereditato la serie dai Vanzina, non proprio da John Landis, ma è abbastanza evidente che del suo ce l'ha messo. 
A parte che non capisco le inutili volgarità e alcune ossessioni anali (vedere per credere alcune gag de Le comiche: a quale comico del muto si sono ispirati per Villaggio che prende nel culo il naso enorme di un Pinocchio giocattolo?), che Parenti faccia dichiarazioni come se fosse l'autore impegnato del momento, no, non mi va giù. Non riesce a capire che la formula del cinepanettone era morta anni fa, un cinema basso popolare che ha avuto così tanto - forse, inspiegabile? -  successo che alcuni critici per non far figura hanno fatto paragoni assurdi (Boldi e De Sica come Totò e Peppino; De Sica e Ghini come Stanlio e Ollio), ma quanto cavolo è potente 'sto De Laurentiis? Be' fatto sta che l'ultimo film, Colpi di fulmine (che non ho ancora visto, ma le recensioni concordano: De Sica puzza di già visto, mentre buono l'episodio di Lillo e Greg) va benino, non ci sono le cifre degli anni precedenti, ma ecco che Parenti dice che alcune colpe sono il download illegale e la recessione. Neanche gli sfiora nella testa che sono i contenuti  e le scelte di regia e produttive ad aver determinato un calo di interesse del pubblico!? Certo che quando il remake di Amici miei - condannato dal grande Monicelli, checché ne hanno dato il contrario, una volta morto Monicelli, regista e cast - è uscito nelle sale, sono andati tutti a puntare il dito su quel gruppo di facebook che ne boicottava l'uscita, definito da De Sica "Un gruppo di cretini" (ottima mossa), e via su, abbiamo fatto un film per ridere, per omaggiare...Però quando è uscito il film, costato 15 milioni di euro, ha incassato 3 milioni, e questo si chiama insuccesso commerciale, succede quando il film è brutto davvero come "Amici miei - come tutto ebbe inizio".. No, la colpa è internet, il boicottaggio, questa rete che fa tanto male al cinema eh? Ce l'hanno tutti con loro - un altro della banda di pensiero, Massimo Boldi, è andato sempre male al cinema da quando si è separato da De Sica, tanto che quest'anno il film l'ha fatto per la televisione. Motivo? "Eh c'è la crisi". Di nuovo, che i suoi film fossero orribili, manco una parola di mea culpa.. Cineblog riporta l'ultima frase di Parenti su come giudica il suo cinema: "Direi onesto, professionale a volte anche geniale". Ora, se fai un film di genere comico dove ci butti situazioni da commediaccia anni '70, zinne al vento, attori sopra le righe e parolacce a ruota libera, lo fai perché riconosci o almeno credi, che il tuo pubblico è stupido, ignorante e volgarotto. E, per di più, usano cellulari per via di una fastidiosissima pubblicità occulta (eh, il potente De Laurentiis). Non c'è niente di geniale, sia per situazioni chiamiamole comiche, per scelte di cast (ah, Belen, tocco alla Billy Wilder, certo, la nuova Shirley MacLaine), scelte di copione (farei vedere Natale a Miami ai carcerati condannati alla camera al gas, come ultima tortura), loro fanno, anzi hanno fatto, un cinema ruffiano e volgare, e hanno una colpa imperdonabile: a causa loro mi sento sempre dire "Maddai, è per vedersi un film comico, ti fai due risate, un pò di fica...", insultando sia la mia cultura e decine di attori comici, davvero onesti, che non hanno mai creduto di avere un pubblico deficiente. Al quale, tra l'altro, non si sono mai rivolti con la frase, "Il mio cinema è a volte geniale". Lo ha detto Parenti. Mai letto nelle interviste di Totò, Sordi, Tognazzi, Gassman, Franchi e Ingrassia, Aldo Fabrizi, Manfredi, per dirne qualcuno, o di Pozzetto, Villaggio, Verdone, Nuti. Forse giusto Chaplin se l'è cantata da solo. Ma ho detto Chaplin, non Neri Parenti.
Sì, colpa di internet. Non che erano film mediocri.
Buon inizio 2013 a tutti.

martedì 25 dicembre 2012

La Santa Replica

Mentre vostra mamma è in cucina per cuocere l'abbacchio dalle nove di questa mattina e vostro padre è costretto, dalle sei, a pulire le sedie di plastica per la valanga di parenti in arrivo per il pranzo di Natale - e, quando ha finito e senza un briciolo di pietà da parte del vostro fratellino viziato, gli toccherà montare il nuovo trenino elettrico - voi siete su facebook a scrivere gli auguri e io, invece, vado su tvblog per leggere i risultati d'ascolto del film che, come scrissi l'altro giorno, è stato puntualmente trasmesso la sera di vigilia, Una poltrona per due. Dal 1983 ad oggi è stato replicato tante volte, eppure il "classico natalizio" Una poltrona per due, con Dan Akroyd ed Eddie Murphy, ha registrato 2.694.000 telespettatori in valore assoluto per uno share del 13,89%. Ha battuto Mamma mia e ha punzecchiato l'ultra strappa lacrime Bambi, vincitore della serata con 3.728.000 spettatori. Un pò da spettatori passivi, ci sintonizziamo su Italia 1 tanto per rivederci i primi dieci minuti e poi dimenticare la tv di fronte ai tortellini. Forse, quasi nessuno lo rivede per intero. Stasera, se sopravvivo, me lo vedrò interamente, godendomi lo spettacolo di uno dei migliori film di John Landis.
(il film è ambientato a Natale, ma è giusto inserirlo nella sera del 24 dicembre? In tempi di gente permalosa e paurosamente conservatrice, strano che nessuno si lamenti che in prima serata irrompono nello schermo due tette grosse così di Jamie Lee Curtis!).

Aggiornamento del 2018:


Negli ultimi anni ho letto divertenti articoli sulla replica del film che si ripete ad ogni vigilia, ma quasi tutti con grossolani errori. Cari stagisti che rubate da internet, vi autorizzo a saccheggiare questi dati: il film Una poltrona per due uscì in Italia nel gennaio del 1984 e ottiene un notevole successo di pubblico e di critica – soprattutto per i due protagonisti maschili, ricordo che Aykroyd era noto per i Blues Brothers, mentre Murphy era…Murphy chi? – e curiosamente la prima tv non fu a Natale, bensì mercoledì 9 aprile 1986, su Canale 5, alle 20:30. Passò poi a Italia 1, ma dopo Natale, il 7 gennaio 1988. È a partire dal 1989, quindi ventinove anni fa, che il film diventò incollato alla programmazione della vigilia del 24 dicembre, sempre su Italia 1 e alle 20:30? Macché! Dopo quella messa in onda, il film tornerà sul piccolo schermo nel 1991, ma l’11 di febbraio, poi ancora 4 di febbraio nel 1992. Nelle successive programmazioni, non sempre è capitato il 24 dicembre, ad eccezione negli anni 1996, 1997, 1999, 2000, 2001, 2004, finché dal 2008 ad oggi i programmisti di Mediaset hanno deciso di riposarsi e metterlo fisso.

 
Nota bene: oltre a fare gli auguri di buon Natale a voi miscredenti, ho notato con piacere l'interesse del post su "S.O.S. Fantasmi", anche solo criticando una scelta fra i tanti titoli considerati migliori. Sfugge però che il cuore non è Paolo Mereghetti, è quello che sceglie fra i ricordi migliori. Auguri, gente.

sabato 22 dicembre 2012

Quando il vero Natale era da piccoli

Il periodo natalizio mi riporta sempre a quando ero piccolo e stavo incollato davanti alla televisione, e nel tornare agli anni Ottanta mi vengono in mente le puntate natalizie dei telefilm del pomeriggio, come i "Robinson", "Casa Keaton", "Tre cuori in affitto", persino quella stronzata di "Super Vicky", o i cartoni Disney con Paperino e Pippo, la mattina con le comiche Stanlio e Ollio, perché, alla fine, faceva un freddo cane e non c'era posto dove andare, tanto vale starsene a casa con i Lego o davanti alla tv. I film natalizi che ricordo non avevano temi idilliaci, baci sotto il vischio, Babbi Natale rapiti, erano film natalizi perché andavano in onda sotto le feste, ma erano sempre quelli: i "Goonies", su Italia1, erano il massimo per emozionarsi e divertirsi, immedesimarsi in quei ragazzi che cercavano il tesoro del pirata Willy l'Orbo, in fuga dalla banda di rapinatori, i "Fratelli", ricordate? 
Alla fine, l'unico film ambientato durante il Natale era, puntuale ancora oggi, quel film che sembrava elegante nelle musiche e ambientazione ed era proprio divertente, sì, "Una poltrona per due", con Dan Aykroyd e Eddie Murphy, anche questo andava su Italia 1. Da piccolino, andavo matto però per un comico che mi penetrava con il suo volto che faceva ridere solo a guardarlo, e che invecchiando è diventato ancora più bravo: Bill Murray. Due erano i film che vedevo in continuazione, "Ghostbusters" e "S.O.S. Fantasmi", ma a quel tempo devo dire preferivo il secondo, perché gli acchiappa fantasmi mi facevano ridere, giocavo con le action figures, ma chiudevo gli occhi quando c'erano i mostri e non mi godevo granché lo spettacolo. "Sos Fantasmi" invece era meno pauroso, almeno per un bambino, e mi dava una visione dissacrante del "Canto di Natale" che conoscevo giusto grazie a quello di Topolino e Zio Paperone (una delle prime videocassette della mia vita!), e mi divertiva come un matto. 
Viaggiavo assieme ai terribili fantasmi - quello del passato era un rozzo tassista, quella del presente una fatina cretina e manesca, quello del futuro il classico orco alto tre metri con un televisore al posto del viso - e mi commuovevo assieme a Bill Murray nel finale dove lui irrompe in diretta mentre il canale che lui dirige trasmette il vero Canto di Natale, e grida pace e amore a tutti quanti, fino a quando il figlio della segretaria parla per la prima volta dopo anni di mutismo. Là, buoni sentimenti, miracolo in diretta e quante risate. La cosa che più mi piaceva di Murray era il suo sguardo tragicomico, provai una simpatia immediata nei suoi confronti che, oggi, rimane uno dei miei attori preferiti. Snobbando il "Grinch" oggi in televisione - sopravvalutato, andiamo - ho rivisto il dvd di "Sos Fantasmi" (ennesimo titolo truffaldino del distributore che cercò di acchiappare il pubblico dei Ghostbusters; in originale, è "Scrooged"..) ed è stato come un ritorno al passato - senza fantasmi tassinari col sigaro - felice, senza chissà che pretese artistiche, quello che rimane nel cuore è, per noi, il film migliore.

lunedì 3 dicembre 2012

Metti i pantaloni a Philip, per la Leggenda

Sono date significative, magari lontane dalla realtà, ma se servono a mantenere la memoria, ben vengano. Eccone una che non dovremmo dimenticare. Il 3 Dicembre 1927, la MGM distribuiva ufficialmente la comica PUTTING PANTS ON PHILIP, regia di Clyde Bruckman, supervisione di Leo McCarey. Attori principali, due attori comici che da tempo lavoravano in gruppo assieme ad altre canaglie degli Studi Roach, fra cui James Finlayson, Charley Chase, Noah Young, Charlie Hall, Mae Busch. Ma, come notarono un pò tutti quanti a Culver City, quando sono loro due a stare sulla scena, le risate sono triple, quadruple. Alla fine McCarey si decide e ne parlò con Roach. "Dobbiamo farne una coppia", tanto, abbiamo già sperimentato qualche film come duo, prima poliziotti, poi galeotti, classiche situazioni, poi abbiamo visto cosa combinano per strada se litigano, pasticcioni come sono coinvolgono i passanti e tutti giù a rompersi i cappelli a vicenda, facciano ora un film che presenti loro come coppia ufficiale, giochiamo sul fatto che uno è americano e l'altro è inglese, anzi no, è troppo generico, facciamo uno scozzese che gira con il kilt, preso in giro perché sembra una donna, e se lo facciamo parente all'americano, tutto dignitoso, potrebbe venire una cosa divertente. 

Poi se funziona, li rimettiamo come amici, in bombetta come negli altri film. E così Stan Laurel e Oliver Hardy girarono quella comica dove Filippo viene dalla Scozia e viene deriso, mette in imbarazzo lo zio tutto pomposo anche perché il giovane nipote rincorre le donne come se fosse caricato a molla, sicuramente lontano anni luce dai personaggi che verranno fuori nei successivi film, finché finalmente la serie venne chiamata "Laurel and Hardy Series". Una serie che polverizzò i botteghini ed ebbe un successo fuori dal comune, anzi oltreoceano. Il successo mondiale di Stanlio e Ollio è ancora qui, a 85 anni dal loro primo film ufficiale. E questa data dice molto di più di tanti saggi, articoli, libri sull'argomento. 
E' abbastanza.
Auguri, Stan e Babe.

domenica 25 novembre 2012

Buster Keaton corre sui binari...

Con le giuste idee e con la libertà creativa, il grande comico Buster Keaton avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Lo ha dimostrato nel periodo d'oro degli Anni Venti, e in televisione negli anni Cinquanta fino alla sua morte, nel 1966.
In un certo senso la televisione, dove Keaton apparve numerose volte come ospite e recitò in molti spot e persino in alcune, esilaranti, candid-camera, è stata una palestra di gag significativa per il grande Buster, per la velocità dei tempi e la possibilità di inserire alcune gag surreali. Anziano, era la classica vecchia colonna dell'Era delle Comiche e, fra i sopravvissuti, era assolutamente uno dei più attivi: Charlie Chaplin, per esempio, era stato cacciato dall'America per il vizio di assomigliare ad un comunista e rincorrere le fanciulle, e viveva esiliato in Svizzera; Harold Lloyd, che aveva rotto il silenzio di una lunga inattività con un filmetto intitolato Meglio un mercoledì da leone (1946), faceva il produttore e fotografava donne nude; Oliver Hardy era morto nel 1957, mentre Stan Laurel, infermo per motivi di salute, viveva da pensionato in California; Groucho Marx, mollati i fratelli Chico e Harpo, aveva portato un suo quiz radiofonico di gran successo, You Bet Your Life, nella neonata televisione, conquistando una nuova vasta popolarità.
Keaton, come era di sua consueta abitudine, lavorava in silenzio, senza lamentarsi molto. Aveva destato una certa curiosità la sua partecipazione al film Luci della ribalta (1952) di Chaplin, affiancando il suo vecchio collega in un numero davvero incredibile. E come ho detto, con le giuste idee, Keaton andava bene anche in un film decisamente enigmatico come Film (1964), l'unico girato da Samuel Beckett, dove Buster veniva inseguito dalla cinepresa che lo riprendeva sempre di spalle. Successivamente girò il film di cui parlo oggi. Il giovane regista inglese Gerald Potterton aveva chiesto a Keaton di girare, per la National Film Board of Canada, un cortometraggio di mezz’ora, coprotagonista un carrello ferroviario, con il quale avrebbe viaggiato tutto il Canada. Sentita la proposta, Keaton disse al regista, "Mi sembra una follia. Accetto". 



Il film si sarebbe chiamato The Railrodder, un delizioso corto girato muto e a colori nel quale Keaton guida spedito questo carrello che involontariamente ha fatto partire - e dove Buster ci trova qualsiasi cosa, per la toilette, da leggere, mangiare, dormire, persino andar a caccia di anatre - e visita tutto il Canada con la sua faccia impassibile, nonostante certi pericoli alle sue spalle. La prima grande risata è quando passa un passaggio a livello aperto per le autovetture. Da quanto ho potuto leggere sulla storia della lavorazione (di cui esiste anche un documentario, Buster Keaton Rides Again, che rimane l'unica testimonianza filmata di Buster sul set, testardo e pieno di idee fulminanti), il grande comico rifiutò la controfigura, a 68 anni, e mostra una lavorazione divertita; come potrebbe potuto essere altrimenti, quando hai un cast che ammirava Keaton e lo aveva lì accanto, ogni giorno? 


Le cene con la troupe stimolavano Buster nei ricordi. E, una sera, qualcuno gli chiese un parere su Stanlio e Ollio. Sembrò avere la risposta pronta, e per spiegare la semplicità di mezzi e di gag che usavano Stan e Babe nei loro film, citò la scena di Leave 'Em Laughing (1928), dove c'è il poliziotto Edgar Kennedy che dirige il traffico e si ritrova i due fermi perché ridono come matti. Kennedy fa cenno loro di passare, allora Stanlio va da lui e gli dice cosa vuole, e così via. Sono diventati famosi, dice, con film semplici come questo. Qualche tempo prima un giornalista gli aveva chiesto un parere, e Keaton rispose, "Be', Stan Laurel è stato uno tra i più grandi comici. Ho sempre ammirato loro e la lentezza del modo di lavorare, semplicemente delizioso" (per lentezza Keaton si riferiva alla tecnica dell'occhio per occhio, ricorrente in molti muti della coppia). Dal canto suo, Stan ammirava molto Buster, ed al suo biografo John McCabe disse: “Un altro ‘grande’, e uso questa parola con molta parsimonia (…). Uno dei motivi per cui amo tanto Buster è perché lui vive la comicità tanto quanto la esercita. Alcuni suoi lavori sono meglio di quelli di Chaplin”.


Stan e Buster avevano diverse cose in comune, fra cui questa passione per le gag, e certe similitudini nel loro metodo di lavoro - meticolosi, aperti alle idee degli altri, desiderosi di avere una totale libertà creativa – e quando fu tolto loro il controllo dei loro film, praticamente finirono i bei tempi. C'è una certa ironia a ripensare a quel lontano 1928, quando Keaton, dopo un decennio di indipendenza, venne "venduto" alla MGM e trovò da subito molti ostacoli con i dirigenti degli Studi, mentre negli stessi teatri di Culver City, sotto l’egida di Hal Roach, avevano da poco unito due attori come Stan Laurel e Oliver Hardy, avviando così la più grande coppia comica di sempre. E quando alla Metro sentirono di aver le idee chiare decisero di avere un'altra coppia comica, e presero Jimmy Durante come spalla di Buster Keaton, accoppiata sbagliata in partenza (Durante parlava troppo, e non era diciamo un comico di classe) e che diede la mazzata finale alla carriera di Buster alla Metro, quando lo licenziarono in tronco. Il punto era semplice: ad un comico esperto non devi dirgli cosa fare, perché il loro stato mentale potrebbe scemare, e così è stato per lui, che si immerse nell'alcool e perse interesse nel suo lavoro.

Eppure, aveva qualche buona idea che propose al mitico produttore Irving Thalberg, ma che decise di fare troppo tardi, quando era già fuori dai cancelli. Infatti, Keaton avrebbe voluto Laurel e Hardy, Patsy Kelly e Durante in una parodia del film Grand Hotel (1932), un grande successo Mgm pieno di star (la Garbo, i fratelli Barrymoore): scrisse un soggetto con il suo amico e regista di fiducia Edward Sedgwick ma essendo ormai fuori dalla Metro, Keaton non riuscirà a realizzarlo. Quando Thalberg si decise di farlo, sfruttò l’idea del cast All Stars e chiamò Jimmy Durante e Stanlio e Ollio, sostituì Patsy Kelly con Lupe Velez, si fece prestare Topolino da Walt Disney, e praticamente realizzò un altro film, Hollywood Party, un mezzo pasticcio datato 1934. L&H e Keaton si ritroveranno ormai fuori tempo proprio negli studi MGM: loro interpreti di un film brutto, Nothing But Trouble (Sempre nei guai, 1944), e lui gagman al loro servizio, ma le sue idee per la coppia non saranno utilizzate.
Quando invece i bei tempi finirono, rimasero i ricordi.
Come Gerald Potterton finì le riprese, Keaton mantenne la promessa e qualche mese dopo guidarono verso Santa Monica per incontrare il vecchio Stan Laurel. Allegro e sorridente nella sua sedia a rotelle, Stan sembrava enormemente contento di vedere Keaton. Gli parlò di questo film dove è su un carrello ferroviario per tutto il tempo, dicendogli, "E sai chi lo ha diretto?", "Chi", chiese Stan, "Questo!". E quello teneva in mano una 7-Up mentre ascoltava i due maestri che parlavano in negozio. "È stato fantastico", ha ricordato Potterton. "Non c'era tristezza in nessuno dei due".

sabato 3 novembre 2012

A Roma una giornata dedicata a Stanlio e Ollio

Leggete qui per sapere maggiori informazioni su un evento che interesserà tutti gli appassionati della coppia Stanlio e Ollio - il prossimo 19 novembre, dalle ore 9, ci sarà una intera giornata di studio che avrà, tra gli ospiti, il Maestro Piero Montanari (compositore delle musiche delle comiche di L&H negli anni '80), Giancarlo Governi (autore dello storico documentario Due teste senza cervello), Ernesto G. Laura (tra i primi critici a rivalutare la coppia in Italia), Corrado Farina (autore del breve documentario C'erano una volta Stanlio e Ollio, 1978, che sarà proiettato), e ovviamente I figli del deserto, il punto di riferimento in Italia per i fan di Laurel e Hardy, con una rappresentanza della sezione "Noi siamo le Colonne", Oasi#165, la prima nata nel nostro paese, capitanati da Benedetto Gemma, che oltre a parlare di S&O nei cartoni animati, porterà una edizione integrale del primo film di montaggio dedicato alle comiche mute, realizzato da Robert Youngson nel '58, The Golden Age of Comedy (La cavalcata della risata). Inoltre, proiezioni, dibattiti, torture, risate, caos, cinegiornali Luce, Fez rossi, e...be', leggete il link!

sabato 27 ottobre 2012

Ammazza dolcemente gli spettatori

Cogan - Killing Them Softly. Visto ieri sera. Non dovevamo andarci, né dovrei scriverne oggi, in questo blog che parla di divertimento, ma la delusione è stata cocente. Lo stile registico vorrebbe ispirarsi ai virtuosismi di Tarantino, ma manca di humour, di idee. Una riflessione sulla crisi economica americana? Probabile, noi ci siamo fatti due coglioni grossi come dirigibili. Noioso, lento. Attori che si sentono cult. Pitt ingessato, nonostante produttore del film, funziona come volto e make-up, sempre cool come da tradizione. Assurda la nomination agli Oscar per James Gandolfini, che appare per dieci minuti e fa il killer alcolizzato perché assomiglia troppo a Gerry Scotti. E parla, straparla. Ray Liotta prende un sacco di botte ma, tutto sommato, è il migliore della compagnia. Un thriller che parla di denaro, crisi, killer con codici morali (Pitt non ama vedere soffrire le sue vittime, e preferisce ucciderle dolcemente, da cui il titolo). Bocciato. Certo entusiasmo ricevuto al Festival di Cannes francamente è incomprensibile. Ma che altri critici si sono incazzati per aver rovesciato la loro coca cola perché addormentati a metà film non è un fatto da biasimare.

martedì 23 ottobre 2012

La Marvel salta in aria nel Trailer di Iron Man 3


Iron Man è il personaggio più applaudito e accolto dal maggior entusiasmo dal pubblico impazzito dei Vendicatori. Devo dire altro? Sì, in Italia non è che abbia fatto tutto sto botto al botteghino, almeno nei primi due capitoli, ma tale è stata la febbre in salita, complici senza dubbio i dvd e i blu-ray di Iron Man (2008) e Iron Man 2 (2010), che quando sono usciti gli Avengers, il pubblico italiano applaudiva in piedi quando entrava in scena. E ora, con Iron Man in uscita fra sei mesi, ad Aprile del 2013, tutti si sentono Uomini di Ferro. Oggi è stato praticamente l'Iron Man Day, con l'uscita online - contemporaneamente e in molte lingue straniere - del primo attesissimo trailer del terzo capitolo, attualmente ancora in fase di riprese: su youtube si contano milioni di contatti in un solo giorno. Insomma, cosa sarà questo Iron Man 3? Questo Ben Kingsley, di primo sguardo perfetto nei panni come Mandarino, sarà più azzeccato di Mickey Rourke? Robert Downey Jr cosa dovrà affrontare stavolta? Il cupo, spettacolare ed esplosivo - letteralmente - trailer ci anticipa qualcosina, forse War Machine aiuterà Iron Man a salvare Pepper? Mandarino fa saltare in aria la casa di Malibu di Stark con degli elicotteri per pura cortesia o vendetta? Perché così tante armature? E perché una di quelle sembra una versione stelle e strisce tipo Capitan America...?
Da qui ad Aprile, molte saranno le rivelazioni, le foto dal set, qualche nuovo trailer. Intanto, questa la sinossi ufficiale:

“Iron Man 3 porta l’insolente ma brillante industriale Tony Stark / Iron Man a confrontarsi con un nemico la quale portata non conosce confini. Quando Stark trova il suo mondo personale distrutto dalle mani del suo nemico, intraprende una straziante missione per trovare i responsabili. Questo viaggio, in ogni momento, metterà alla prova il suo coraggio. Con le spalle al muro, Stark riesce a sopravvivere grazie ai suoi dispositivi, affidandosi al suo ingegno e ai suoi istinti per proteggere coloro che sono più vicini a lui. Lottando per tornare indietro, Stark scopre la risposta alla domanda che lo ha segretamente perseguitato: è l’uomo che fa l’armatura o è l’armatura che fa l’uomo?”

venerdì 5 ottobre 2012

Ted - recensione clandestina

La storia è semplice, e forse già la sapete: isolato dai coetanei, John, un bambino di Boston, si affeziona così tanto del suo orso di peluche ottenuto per Natale da desiderare che questo prendesse vita, e miracolosamente viene accontentato. Inseparabili, John e Ted crescono ognuno a modo loro: il bambino di 8 anni arriva a 35 come modesto impiegato di una ditta di noleggio auto ma con una fidanzata in carriera e potenzialmente gnocca, mentre l'orso Ted, dopo un periodo di immediata popolarità, si limita a fumare, bere, guardare dvd con il suo amico. Al quarto anniversario di fidanzamento, John e la sua ragazza Lori sono ad un bivio, crescere senza Ted e finalmente sposarsi o continuare ad avere l'orso sboccato casinista in giro per casa? E, come a volte accade nelle coppie di amici, John vorrebbe convivere con entrambi, anche perché una serie di coincidenze non riescono a tenere fede la promessa di passare più tempo con la fidanzata, e succede un casino..
Dal debutto nelle sale americane del 29 giugno a quello avvenuto finalmente ieri in Italia, il film Ted è già diventato campione di incassi - mentre scrivo, ha già portato a casa oltre quattrocento milioni di dollari nel mondo, niente male per un film che non ne ha superato sessantacinque di budget. Buffo, l'Italia si gusta il film quando tutti l'hanno già visto, clandestinamente, con una copia pirata internet sottotitolata in italiano, potendo così giudicare il film doppiato ben prima di aspettare l'home video, e dire "echecazzo". Probabilmente per questo motivo qualche delusione c'è stata principalmente sull'edizione italiana che nonostante sia uscita vietata ai minori di 14 anni ha avuto troppi addolcimenti nei dialoghi ma, almeno, nessun taglio censore. Nella penombra dei cattivi mi infilo anche io, ammettendo di aver già visto il film 'pirata', colpa però del troppo tempo passato tra l'uscita americana e quella in Italia, tanto che tutti si sono scatenati nel download perché, dai, non si poteva attendere troppo. 
Di fama, Seth MacFarlane è il papà dei "Griffin", di "American Dad", del "Cleveland Show", tutti caratterizzati da un umorismo irriverente, anticonformista, letteralmente folle e senza freni. Quindi l'idea di vedere un film da lui diretto, scritto e in parte interpretato (è la voce di Ted) era vincente di suo e ieri al cinema mi ha lasciato decisamente soddisfatto. E insomma com'è questo primo film di quel simpaticone di MacFarlane, ormai potentissimo film-maker tanto che gli è stato offerto di presentare la prossima edizione degli Oscar, nel 2013? Come commedia demenziale, funziona molto bene, anche perché infila le tecniche comiche dei Griffin come i flash-back assurdi (esilarante la citazione de L'aereo più pazzo del mondo) e la solita volgarità in un film "vero", con dei ritmi veloci e dagli effetti comici devastanti (particolarmente riuscita la festa dove appare il mito di John e Ted, l'attore, per modo di dire, Sam Jones, star del film Flash Gordon, "talmente bello quanto brutto", che appare nella parte di se stesso con pesante lesionismo ma, ragazzi, che ridere), e con un cast divertito: il belloccio Mark Wahlberg, fuori di testa, fa coppia con la supergnocca Mila Kunis, così bella che neanche si direbbe che è la voce della brutta e sfigata Meg, seguiti dal capo viscido Rex (Joel McHale), e dallo psicopatico fan di Ted, Giovanni Ribisi, ormai abbonato a parti di questo genere, ma bisogna ammetterlo, giganteggia lo stesso MacFarlane come voce di Ted. 
I fan sanno bene che è un camaleonte vocale, doppiando mezzo cast dei Griffin, fra cui lo stesso Peter, il cane Brian, il bambino Stewie, ma anche il depravato Glenn e il volto del tg Tom Tucker, e come orsacchiotto usa il suo timbro normale come alla fine doppia il cane Brian, e nel confronto col doppiaggio italiano qualcosa ci siamo persi. I primi trailer italiani portavano la voce giovanile di Fabrizio Vidale poi velocemente sostituito da Mino Caprio, scelta scontata essendo la voce italiana di Peter Griffin e che potrebbe sembrare meno azzeccata come voce di Ted, troppo legata a quel personaggio; col dubbio che forse sarebbe stato meglio Leslie La Penna (voce di Brian Griffin), è ben azzeccata in originale la voce del narratore, affidata a Patrick Stewart, attore serissimo quanto ironico tanto da aver già partecipato come voce in una puntata dei "Griffin" dove appariva assieme a tutto il cast di Star Trek. Tutte queste note inutili per dirvi che Ted è un film molto bizzarro, legatissimo alla comicità lampo dei cartoni di MacFarlane (che scrive il film assieme a due sceneggiatori dei Griffin, Alec Sulkin e Wellesley Wild) che ha come difetto di saturare quando la durata supera i venti minuti e che qui, miracolosamente, riesce a bilanciarsi fra una presa per il culo di una storia romantica, l'ennesima scazzottata interminabile, un intermezzo thriller e un finale che sembra commovente ma finisce in sberleffo; si ride, ad ogni modo, e lo spirito irriverente di un geniale cartoonist cresciuto con la cultura degli anni Ottanta, o ti trascina o ti allontana. E ieri ci siamo caduti con tutte le scarpe.
Infine permettetemi una nota personale. Ted racconta il rifiuto di crescere e la storia di una bella amicizia, come veramente potrebbe essere, rozza, schietta e molto intima. Come ti conosce Ted, non ti conosce nessuno. E ieri sono andato a vederlo con il mio migliore amico, Mario, anche lui fidanzato da quattro anni, che condivide con me la passione del cinema e del cazzeggio, siamo come si dice fratelli di sangue e curiosamente come Ted ho avuto qualche dissapore con la sua ragazza (no, non mi hanno sorpreso a casa loro con quattro prostitute), ormai sepolto. Anche se non siamo cresciuti insieme come John e Ted, è come se ci conoscessimo da sempre. E MacFarlane intelligentemente ha saputo cogliere quell'affetto e quello spirito anarcoide e personale di una coppia di migliori amici, che si vogliono bene e sanno come proteggersi a vicenda, specie quando c'è un temporale. Voglio bene a Ted, come voglio bene a Mario.

lunedì 24 settembre 2012

Tornano Stanlio e Ollio su Raitre

La coppia Stanlio e Ollio non ha più bisogno di una rivalutazione critica. Possiedono infatti una Ford del 1911, una tenda residuato bellico 1861, più un paio di mutandoni, due camicie, e tre calzini di epoca imprecisata. E non solo. Dopo il successo inaspettato avuto lo scorso inverno su Raitre con la riproposta delle loro comiche mute e sonore (appuntamento pre-serale con una media di due-tre milioni di spettatori, media share 6%), la rete ci riprova con l'appuntamento alle 20.05 ma stavolta con i lungometraggi in bianco e nero. Il prossimo sabato 29 settembre allora primo appuntamento con il film C'era una volta un piccolo naviglio (Saps at Sea, 1940), una delle loro ultime buone riuscite della coppia nel periodo d'oro, a seguire, il 6 ottobre, con Vent'anni dopo o Stanlio e Ollio teste dure (Block-Heads, 1938), summa insuperata della comicità slapstick e da molti considerato uno dei migliori lungometraggi di Laurel e Hardy, senza quelle intermissioni musicali e sottotrame romantiche che avevano caratterizzato alcuni film del duo e che, sinceramente, avevano sacrificato la loro comicità e rovinato la riuscita finale. Ad ogni modo, sono due film molto importanti nella saga della coppia, perché rappresentano la parte finale prima di lasciare il loro storico produttore, Hal Roach, dopo il quale seguì un periodo poco felice e senza controllo artistico, infilandosi nella Serie B e in un lento declino senza ritorno. Ma, un po' invecchiati e senza freni, Laurel e Hardy riuscivano ancora distruggere ogni logica, e non solo, costruendo film di un'ora scarsa zeppi di gag visive, gran ritmo, ottimo cast di contorno. Nel Naviglio, Stanlio e Ollio, dipendenti collaudatori in una fabbrica di trombe e clacson, sono costretti a prendere una pausa da lavoro per una crisi di nervi di Hardy. Tutto quello che succede nel loro appartamento - tra tubazioni invertite (succede, quando l'idraulico è lo strabico Ben Turpin) e lezioni di tromba non previste - è molto divertente e surreale in certe trovate. Quando il dottor Finlayson prescrive loro un weekend in alto mare, la situazione si affloscia nella banalità, infilando un pericoloso criminale nella loro barca nascosto clandestinamente, chiudendo così l'ultimo film prodotto da Roach per la coppia. Vent'anni dopo, invece, sono gli anni che passano dalla Prima Guerra Mondiale a quando un aviatore francese scopre che in una vecchia trincea c'è ancora un soldato a far la guardia. Ed è Stanlio. Il compare Ollio, che lo crede come tutti perduto in guerra, non appena scopre il suo rimpatrio si precipita alla pensione per soldati e se lo porta a casa. Da quel momento, una lunga serie di gag porterà alla distruzione totale l'appartamento di Ollio e il suo matrimonio. Eppure scappano dalle fucilate del vicino di casa insieme, indivisibili, pronti per la prossima avventura. E' stato sempre così, a 85 anni dal loro primo film in coppia, e dopo decenni di successi al cinema e in televisione, come lo scorso inverno e come sicuramente andrà, in questo nuovo ciclo di Raitre.

sabato 1 settembre 2012

Don Camillo sconosciuto

In questi giorni ho lavorato ad un film documentario: Don Camillo sconosciuto.
Il titolo la dice lunga sull'argomento, esiste un Don Camillo sconosciuto al grande pubblico italiano? La risposta è sì per tutti coloro che non hanno mai visto o comprato i primi due film della celebre serie in lingua FRANCESE (giusto qualche collezionista o vero appassionato...), che se mai lo facessero andrebbero incontro ad una bella sorpresa. Infatti, "Le Petit Monde de don Camillo" e "Le Retour de don Camillo" non sono semplicemente le versioni doppiate in francese di "Don Camillo" (1952) e "Il ritorno di Don Camillo" (1953), ma praticamente due film diversi, in quanto contengono inquadrature e intere sequenze che non sono presenti nelle versioni in italiano.
Infatti, durano leggermente di più e nell'insieme risultano esteticamente differenti rispetto ai loro "cugini" italiani.
Il motivo? Essendo una co-produzione italo-francese aveva un regista e parte degli attori francesi, ma soprattutto sceneggiatori francesi, i quali evidentemente non digerirono che un film italiano, con protagonista un parroco, avesse affiancato alla produzione un responsabile del Centro Cattolico Cinematografico, tale Monsignor Galletto, che pressò fortemente sulla figura un pò troppo rude e spiccia di Don Camillo; regista e sceneggiatore imposero così la doppia versione, rigirando ogni scena in francese e, al montaggio, allungando sequenze che per l'Italia erano giudicate inadatte. Se il "Don Camillo" italiano ha un taglio diretto verso la farsa zuccherosa, quello francese ha più poesia, commozione, e più cazzotti, tanto da tagliare, nella parte finale del primo film, qualche momento comico per sottolineare invece il parroco manesco. Giovannino Guareschi disapprovò il "Don Camillo" cinematografico: forse non vide le versioni in francese, poiché litigò via lettera numerose volte con Julien Duvivier, il regista, ignorando che la sua versione è più fedele al libro.
Questo documentario le raccoglie tutte, incluse un paio sfuggite agli autori dei libri, altamente consigliati, che mi hanno spinto a lavorare qualche giorno al montaggio, divertendomi come sempre. Questo accade quando si lavora su delle scene comiche, e Fernandel e Gino Cervi, affiatata coppia di splendidi attori, erano molto divertenti. I libri sono: Don Camillo mai visto, a cura di Egidio Bandini, Giorgio Casamatti, Guido Conti, MUP Editore, 2007, e Don Camillo e Peppone, cronache cinematografiche dalla Bassa Padana 1951-1965, di Riccardo Esposito (Le Mani, 2008).
Le possibili reazioni su questo filmato di 28 minuti saranno determinanti per spingermi a lavorare sull'argomento, già trattato come detto tanto da farne un album di fotografie, specie sulla domanda che spesso si ripete, perché tutti questi cambiamenti al montaggio, visto che alcuni sono davvero discutibili? Ecco, nei miei progetti spero di poter dare le risposte necessarie. Grazie in anticipo a coloro che si fermeranno a guardare.